Room 999
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DATI TECNICI: 1.33:1 – DD 5.1 (orig.), 2.0 (orig.)
Quarant’anni dopo Wim Wenders, una regista torna a chiedere a trenta colleghi se il cinema stia morendo, se sia un linguaggio in procinto di scomparire. Il primo a rispondere sarà proprio il cineasta tedesco che nel 1982 aveva realizzato Chambre 666 in un famoso albergo di Cannes…
Chissà chi ci sarà nel 2062 a rispondere del mistero della fine del cinema. E chissà se qualcuno dovrà rispondere proprio della sua morte. O se ci si continuerà a chiedere se la Settima Arte sia o meno in coma e come perirà. E per mano di chi. Sta di fatto che l’idea dell’attrice e regista Lubna Playoust di riproporre in Chambre 999 (Room 999),a quarant’anni di distanza e a trenta registi, le domande fondamentali che Wim Wenders fece a quindici colleghi nel 1982 risulta brillante: “il cinema è un linguaggio che sta per scomparire, un’arte in procinto di morire?”. Brillante e stimolante innanzitutto perché, come sottolinea sornione Arnaud Desplechin, il cinema non ha mai smesso di morire fin dalla sua creazione “dunque le domande per me non hanno senso”: Bergman lamentava di fare un cinema minore e non all’altezza della grande arte di Sjöström e Dreyer, Woody Allen lamenta di non fare che copie sbiadite dei film di Bergman, il sonoro avrebbe ucciso il cinema togliendogli fascino, poi lo avrebbero ucciso il formato Cinemascope… Il cinema è l’agonizzante per eccellenza, un’invenzione senza futuro che con la morte e la mancanza ha qualcosa a che fare fin dalla sua nascita. Il cinema è, concettualmente, un morto vivente ed esso stesso un killer visto che, nella transitorietà del tempo che immortala, affonda i propri artigli. Ugualmente però quarant’anni sono tanti e le condizioni sociali, materiali, economiche sono profondamente mutate dunque le questioni che riguardano non tanto il cinema ontologicamente ma il campo del politico in cui esso si muove sono assai differenti rispetto a quelle con cui si confrontavano, nella Chambre 666 wendersiana, Godard, Fassbinder (che sarebbe scomparso di lì a poche settimane), Herzog, Spielberg solo per fare alcuni nomi. La situazione rispetto ad allora pare più intricata, più complessa, stratificata e il cinema sembra essere “attaccato” da più parti, avere più nemici, malattie, necrosi e dover affrontare i cambiamenti addirittura cognitivi del proprio futuro pubblico come suggerisce in Room 999 Audrey Diwan rilevando che i suoi figli faticano ad avere a che fare proprio con la dimensione del tempo, con l’incorporazione della quarta dimensione nella narrazione, abituati ai reel che guardano ripetutamente provando soddisfazione, qualcosa di sensoriale e immediato che non produce memoria. Come può riorganizzarsi la narrazione, si domanda la regista de La scelta di Anne, attorno a questa assoluta frammentazione? A ben vedere le due constatazioni di Desplechin e di Diwan hanno a che fare, entrambe, con la morte: il cinema è un Crono che ha sempre meno materiale vivo da divorare da una parte, mentre i reel dei social sono la disponibilità eterna della replica in un tempo fatto di parcellizzazione dall’altra. Il cambiamento antropologico/cognitivo di cui si parla qui non è poi forse la definitiva negazione del nostro rapporto con la morte e, per questo, con l’arte più fantasmatica di ogni altra?” incipit della bellissima analisi critica di Elisa Battistini per Quinlan.it
L’edizione DVD di “Room 999” è in realtà un cofanetto denominato “666ROOM999” che comprende, ça va sans dire, l’originale mediometraggio di Wim Wenders e il suo ideale “seguito” realizzato dalla regista Lubna Playoust e presentato al Festival di Cannes nel 2023. Master originale fornito da MK2 per questo bellissimo e fondamentale documentario. Tra gli extra, pochissimi, una breve introduzione della regista (1’50”) e il trailer italiano. Nel disco 2 troverete qundi il film di Wim Wenders ma, stranamente, la casa toscana non ha utilizzato il nuovo master restaurato 2K nel 2023. La qualità di riproduzione è comunque sufficiente ma si nota immediatamente che non siamo di fronte ad un master di recente produzione. Impreziosiscono il secondo disco numerosi cortometraggi del regista: “Arisha, the Bear and the Stone Ring” del 1992 (27’), i due episodi della serie TV “Ein Haus für huns” “From the Family of the Reptiles” e “The Island” (1974) (50’), “Reverse Angle” del 1982 (restaurato nel 2015, 17’), “Same Player Shoots Again” del 1967 (restaurato nel 2015, 11’) e “Silver City Revisited” (restaurato nel 2015, 31’, dell’anno successivo). Non è presente invece l’intervista al regista sul film come menzionato in fascetta. Un cofanetto con luci ed ombre ma imprescindibile per ogni vero cinefilo. Da vedere e rivedere.
VOTO: 4
data pubblicazione: 11/2024