Cronache dalla sala – Uomini che odiano le donne
La dura legge del compromesso
Il caso letterario che ha conquistato milioni di lettori in tutto il mondo approda al cinema con “Uomini che odiano le donne”, primo romanzo della trilogia “Millennium” scritta da Stieg Larsson che si è imposta all’attenzione internazionale grazie a personaggi borderline e ad uno stile che deve molto all’hard boiled.
La storia è quella di una psicotica hacker e di un giornalista finito in grossi guai finanziari che si ritrovano ad indagare insieme sulla sparizione di una donna avvenuta quarant’anni prima.
Guardando questa interessante trasposizione cinematografica diretta da Niels Arden Oplev, la cosa che più colpisce è il discutibile finale. Le due ore e mezza di durata del film scorrono bene, l’intreccio iniziale getta buone premesse, costruisce una bella atmosfera e introduce intriganti personaggi, ma dalla seconda parte in poi il film comincia a perdere colpi e nell’ultimo quarto d’ora finisce per squagliarsi come neve al sole.
In parole povere il film di Oplev parte come un bel noir scandinavo (di recente ci siamo gustati l’ottimo “Lasciami entrare” di Tomas Alfredson) e finisce come un brutto film di Luc Besson.
Proprio in quel finale incerto dove una gran quantità di soldi sembrano risolvere i problemi della vita, il film sembra contraddire la propria natura drammaturgica; piuttosto che chiudere con coerenza
una storia caratterizzata da personaggi perdenti destinati comunque alla deriva, sembra essere stata scelta una strada di mediazione per accontentare il maggior numero di spettatori.
Quel finale sembra figlio di quella strana legge del compromesso, una regola fondamentale di derivazione americana che cerca di trasformare i prodotti filmici alla stregua di prodotti da scaffale:
l’opera, discussa da un’equipe di esperti attraverso screening test, viene manipolata nel tentativo di accontentare tutti… con la pericolosa conseguenza però di non lasciare una vera traccia nella storia del cinema.
data: 31/05/2009