dal 1999 testimone di un’evoluzione

“La metafora dello squalo toro, espressa da uno dei personaggi di Nido di vipere, riassume bene il senso di questo neo-noir coreano. Quando deve riprodursi, la femmina dello squalo toro ospita nel proprio ventre circa cinquanta embrioni che si mangiano a vicenda finché ne rimarrà solo uno, destinato alla nascita. È questa, in estrema sintesi, la storia narrata da Kim Yong-Hoon nel suo esordio alla regia. Attorno a un borsone Louis Vuitton pieno di soldi, ritrovato per caso in un

“(…) la vera forza di tutto il cinema del regista è quella di saper rompere il meccanismo a volte fin troppo controllato della scrittura per aprirsi a ellissi e fratture improvvise, mentre la forma crea assonanze e rime interne, spesso stabilite dagli elementi (qui - come già in Au revoir l’été e The Man from Nowhere - è l’acqua ad assumere una funzione simbolica, strumento di morte e di rinascita). In Love Life l’intera costruzione poggia di fatto su un

“Crimes of the Future è una meditazione sull’evoluzione umana. In particolare, sui modi attraverso i quali abbiamo assunto il controllo di questo processo avendo creato degli ambienti così potenti che prima non esistevano. Crimes of the Future è un’evoluzione delle cose che ho fatto in passato. I fan vedranno riferimenti chiave ad altre scene e momenti dei miei film precedenti. Questo film prosegue nella mia comprensione della tecnologia connessa al corpo umano. La tecnologia è sempre un’estensione del corpo umano,

“Ali, ti presento Ava. Due mondi diversi che si incontrano nella realtà di Bradford, città industriale nel cuore dello Yorkshire. Ali gestisce degli appartamenti e vive un matrimonio segnato da un dolore. Ava è una maestra elementare. Si incontrano e riempiono le rispettive esistenze sfidando le convenzioni e gli ostacoli che trovano lungo una strada fatta di romanticismo, canzoni cantate a squarciagola e passione. Ali & Ava, presentato alla Quinzaine des Realisateurs del Festival di Cannes 2021, completa la trilogia

Lorenzo Bianchini, classe 1968, è un regista e sceneggiatore italiano indipendente, autore di numerose opere decisamente interessanti al punto tale da renderlo un vero e proprio autore di culto e decisamente un ufo rispetto al panorama italiano. Autore di pellicole di genere thriller horror, ma sempre con un sottofondo psicologico, debuttò nel lungometraggio nel 2001 con “Radice quadrata di tre” in lingua friulana e si fece subito notare dal pubblico e dalla critica più attenta. Nel 2004 vinse il primo

“Film nato a tavolino (due uomini politici vicini a Mussolini chiesero a Pirandello un soggetto cinematografico, mentre la produzione chiamò a dirigerlo un cineasta di “grande prestigio artistico”) e costellato di problemi (Pirandello non gradisce Ruttmann né la sceneggiatura di Mario Soldati, che poi dirigerà anche le parti dialogate; Marta Abba, compagna del drammaturgo, vorrebbe a tutti i costi essere la protagonista; un assistente del regista fugge con due rulli di pellicola; gli incassi sono molto inferiori alle attese). Eppure

“Palamède e Cador, due marinai, ingannano il tempo a bordo della loro imbarcazione, il Dedalus, in un imprecisato porto del Nord, un luogo senza tempo nel quale sono ben chiari i segni di un mondo oltre la rovina. L’arrivo di Parsifal, un giovane svagato e ingenuo di cui nessuno conosce nulla e che sembra non appartenere ad alcun luogo del mondo, costringe i due marinai a scendere a terra, dopo che il ragazzo ha sciolto il nodo che tiene ancorato

“Sono rari, i film come “L’albero degli zoccoli”, opera che unanimemente riconosciuta come l’apice della carriera di Olmi ma anche come tra le pellicole più importanti degli anni Settanta e non solo. Spicca innanzitutto per il suo approccio rigoroso, la scelta di raccontare la vita contadina, in un periodo storico specifico, utilizzando attori non professionisti che spesso parlano in dialetto e che sono essi stessi contadini”. Estratto dal booklet interno.

“Ancora una volta, Olmi sembra andare in una direzione per poi lavorare astutamente sulla destrutturazione dei generi e del linguaggio. Come in altre occasioni, tra cui Cantando dietro i paraventi o lo stesso L’albero degli zoccoli, Il mestiere delle armi si sostanzia di un genere, quello storico, puntando una dimensione epica, per poi tradire entrambi gli elemtni. Il film di Olmi, quello più ambizioso in termini produttivi, si muove nel territorio di un intimismo che è intriso di Storia ma

“Finale a sorpresa è uno sfavillante divertissement in cui i registi, e Cruz, Banderas, Martinez con loro, ironizzano, autoironizzano, si divertono e fanno divertire - molto - pescando a piene mani dal noto, dal luogo comune ma anche dalle loro carriere e da un bagaglio di esperienza che i tre attori mettono mirabilmente al servizio di un’idea di cinema raffinata nella forma e diretta nell’assunto, un po’ meno caustica e stratificata del passato ma perfettamente a punto nei tempi e nei modi del meccanismo comico-satirico.”. Chiusura della