Cronache dalla sala – Captain America
Il cinema e i supereroi di cartone.
Alterazioni genetiche, uomini fenomenali e scontri titanici.
Riuscirà il “pirandelliano” uomo mascherato di turno a sopravvivere ai “freudiani” conflitti riguardanti i dubbi esistenziali di chi, sdoppiandosi in due personalità, deve mantenere il giusto equilibrio tra ordinario e straordinario?
Se è vero che non ci sono più le mezze stagioni è anche vero che oggi le emozioni intermedie hanno uno scarso appeal da parte del popolo appassionato di fanta-cinema. Nell’immaginario collettivo siamo sempre più propensi ad alzare l’asticella della vertigine emotiva vedendo nell’impossibile il punto massimo di realizzazione emotiva.
“Famolo strano”… con un essere disumano sembrano dire i personaggi femminili che accompagnano con passione estrema i travagli esistenziali del supereroe traumatizzato da una repentina e improvvisa mutazione genetica che di solito, dopo un inizio balbettante, trasforma quest’ultimo in un figo dal fascino bestiale. “Bella fatica” direte voi… innamorarsi di un uomo più unico che raro, ma in fondo le fascinose partner esprimono al meglio quella ricerca di amore inenarrabile tipico di una società moderna un po’ annoiata e un po’ disillusa come quella dei nostri tempi. Sorte ingrata invece per il povero antagonista cattivo, destinato a distruggere quanto basta e a non spuntarla mai. La mutazione per lui è crudele e tribolata, il suo mostruoso e bestiale cambiamento diventa una metaforica punizione divina per chi ha cercato, attraverso fantomatiche sperimentazioni, di sfidare l’ultraterreno.
Nulla di nuovo all’orizzonte, è dall’antica Grecia che si raccontano storie simili, ma oggi esistono nuovi media, nuovi autori, nuove economie di mercato ma soprattutto esiste la computer grafica che aiutata dal marketing batte nei binari dove l’immaginario collettivo viene fatto correre. Se dagli anni ’80 le Major con Stallone, Schwarzenegger e Bruce Willis poi si dividevano i compensi di un cinema commerciale votato a mettere in campo invincibili “uomini terreni” che combattevano i fantasmi del Vietnam e della metropoli, oggi il nuovo paradigma dei film d’azione sembra propenso a mettere in scena l’invulnerabile eroe mutato con tutina trendy possibilmente aderente.
La campana suona per loro, i fumetti americani nati dalla crisi economica degli anni ’20, dal secondo conflitto mondiale e dalla guerra fredda, oggi tornano di gran moda, riveduti e adattati alle logiche attuali. Nel recente film “Captain America” il giovane e gracile Steve Rogers (Chris Evans) sogna disperatamente di combattere per il proprio paese, ormai rassegnato per evidenti limiti fisici a non poter indossare l’uniforme, il destino gli riserva una sorpresa: un programma sperimentale che lo trasforma in un super soldato.
Il personaggio principale è poco carismatico, la storia d’amore al minimo sindacale e l’azione un intruglio di tanti deja-vù eppure il messaggio che trapela dalla pellicola diretta da Joe Johnston è chiaro, dentro al fanta-scafandro nel quale avviene il cambiamento, il gracile ultra-patriottico protagonista si trasforma nel super uomo tutto muscoli e sex-appeal. Il sogno si avvera, la barriera fisica insieme a quella mentale è stata infranta, tutti possono diventare supereroi e servire la causa del proprio paese. Ora all’uomo nuovo soprannominato Captain America non resta che travestirsi con i colori della bandiera di casa e diventare un moderno Zio Sam ovvero una carismatica icona di regime capace di arruolare prima e guidare poi i soldati della propria nazione contro il temibile e implacabile nazista denominato il Teschio Rosso.
Siamo o non siamo in tempi di guerre e di chiamate alle armi?
Siamo o non siamo nell’era dei “geneticamente rifatti”, nell’era in cui la metamorfosi verso un corpo migliore, verso l’immortalità e l’invulnerabilità è diventata la principale aspirazione dell’uomo consumista?
Dopo i titoli di coda del film, da non perdere il solito clip promozionale che lancia le prossime avventure, giusto per capire di come il cinema (ispirato sempre più dai serial televisivi) stia vivendo la propria mutazione genetica ovvero la trasformazione da “grande schermo” a “grande piccolo schermo”.
data: 25/07/2011