Cronache dalla sala – Il cinema ai tempi del Multiplex
I veri falsi miti della cultura del benessere
La geografia della nostra specie sta mutando radicalmente: un tempo le grandi epidemie si spostavano lentamente attraverso le migrazioni degli uomini, in questa nuova presunta prosperosa epoca in cui le principali malattie sono state oramai debellate ci si trova ad affrontare una nuova e insidiosa propagazione virale chiamata status sociale e agiatezza collettiva.
Alla stregua di una antica pandemia il caro “modello di benessere” nella suo lato più oscuro mostra le stesse affinità con un virus di vecchia data. Di fatto è un’infezione che, attraverso i mezzi di informazione, si propaga nelle popolazioni disagiate che vengono inevitabilmente spinte a raggiungere l’eldorado: l’immaginario luogo di abbondanza e delizia. Si fugge dalla miseria per essere quello che vediamo sul grande e piccolo schermo, un po’ come accadeva nel bellissimo “Lamerica” di Gianni Amelio, dove dalla Albania post-comunista dei primi anni ’90 si scappava in massa per cercare di diventare i modelli di una televisione italiana miseramente rigogliosa che come un vero e proprio paese dei balocchi prometteva una scanzonata dolce vita.
Il benessere, sempre nel suo lato più oscuro, è istigazione ostentata al consumo, allo sfruttamento delle risorse, all’ingordigia da accumulo, una piaga che si impossessa dell’ambiente, lo devasta e crea quella grande favola educativa, raccontata da Pixar con “Wall•E”, dove una nuova razza di uomo iper-obeso, ultracentenario e dipendente dalle macchine è costretto a fuggire dal proprio pianeta trasformato in una grande discarica alla ricerca di una nuova terra promessa.
Dal miracolo economico al non miracolo della salute. La selezione naturale oggi si basa su chi riesce a interpretare al meglio lo status di benessere, su chi non cade nelle sue trappole effimere, nella sua filosofia fast food, su chi riesce a mantenere la giusta distanza, su chi non si lascia travolgere dall’individualismo sfrenato e dall’ebrezza dell’accumulo. Per tutti quelli che rimangono affascinati dal lato oscuro, si va dallo stress alle malattie cardiovascolari, passando per quelle psicosomatiche fino ad arrivare alle dipendenze di ogni genere e alle perversioni autodistruttive un po’ come raccontava l’ottimo David Cronenberg nel delirante “Crash”, una storia suI rapporto morboso e perverso che accomunava la meccanica dell’auto al desiderio sessuale.
Stiamo esportando il nostro stile di vita, o meglio l’abbiamo importato a suo tempo da un’America ricca e vanagloriosa e ancor oggi continuamo a credere nel suo sogno. La fascinazione e la contaminazione è inevitabile, se i paesi in via di sviluppo assomiglieranno sempre di più a metropoli americane i nostri cinema saranno sempre più opulenti multiplex, casermoni di cemento e raccoglitori di umana gente… paradigmi di abbondanza e di consumo dove il popcorn movie è l’oracolo e l’avventore, attratto dal potere mistificatorio di prodotti insensati, il suo seguace. Nel Multiplex non vi è un attimo di pausa, la programmazione dura tutto l’anno e la qualità è diventata un optional trascurabile. Nel nome del confort e dello sfarzo le nostre vite vengono assimilate dentro a una nuova abitudine.
Il suo refrigerio ci accoglie d’estate, il suo calore ci ritempra d’inverno… oh, Multiplex delle meraviglie, dacci anche oggi il nostro “Transformers” quotidiano, con le tue commediole indicaci la strada della felicità, tieni compagnia ai nostri figli con qualche generico cartone animato, mostraci qualche bella nuova scarpa da comprare… ma soprattuto regalaci tanta immaginazione visto che ormai di questi tempi ne siamo completamente sprovvisti.
l’immagine riproduce il dipinto di Salvadori Dalì “Il gioco lugubre”, 1929, collezione privata
data: 05/07/2011